Concorso Pittorico Allieve di Patrizia Pollato
I frutti di Hilde di Roberta Rocchetti
leggete il racconto, subito dopo visionate l'interpretazione artistica di Carla C. e votate
Pioggia, vento.
Giulio camminava a passo svelto e nervoso cercando un rifugio in quella Milano autunnale che odiava e che si vendicava di quell'odio affogando le sue nuove scarpe fatte a mano in pozzanghere maleodoranti di smog liquido.
Il vento rivoltò il suo ombrello lasciandolo in balìa di una nube che sembrava volergli rovesciare addosso tutto ciò che l'estate precedente aveva risparmiato, un'estate che aveva amato.
Nel giugno precedente il suo lavoro aveva finalmente preso la piega che cercava di fargli prendere da tempo, a soli 35 anni era stato nominato direttore di un'agenzia di moda tra le più quotate a livello europeo, quel lavoro gli consentiva di sguazzare letteralmente nell'ambiente che amava da sempre, denaro, lusso, e donne di una bellezza senza pari. Lui aveva cominciato subito a godere di tutto questo, forte della sua posizione e del suo essere piacente.
Nelle serate passate nei locali sui navigli non faceva che ripetere ai suoi commensali che non avrebbe mai più accettato nella sua vita nulla che non fosse al top di gamma, in ogni campo, aveva lavorato durissimo per poter avere il meglio ed ora lo pretendeva.
Entrò in un locale aperto da poco vicino al suo ufficio, più che per convinzione vi entrò per disperazione, era ormai fradicio.
Alzò lo sguardo con i capelli che gli gocciolavano sugli occhi, notò un arredamento strano, di legno scuro, sembrava più una farmacia antica che un bar, si asciugò il viso e cercò un tavolo, si sedette stremato.
Il suo smartphone era già pieno di messaggi e chiamate a cui non aveva potuto rispondere a causa del nubifragio, Helen gli aveva già inviato dei messaggi risentiti.
Con Helen aveva iniziato una specie di relazione circa due mesi prima, modella svizzera, alta, bionda ed algida, come piacevano a lui, con un carattere un po' troppo mediterraneo a dire la verità, gelosa ed irosa, ma quando la vedeva scendere le scale del palazzo nel quale abitava e salire sulla sua auto distendendo le lunghissime e flessuose gambe rimaneva abbacinato da tanto splendore. Si accinse a rispondere ai vari messaggi quando una voce lo fece sussultare, si era quasi dimenticato di essere in un locale pubblico.
“Cosa posso servirle?”
Una donna di mezza età con un marcato accento straniero aspettava con un blocchetto in mano.
“Un caffè, grazie” ordinò abbassando di nuovo lo sguardo sul cellulare.
Dopo cinque minuti la donna tornò col caffè ed un dolcetto minuscolo:
“questo è l'omaggio di benvenuto, spero che lei possa diventare uno dei nostri clienti affezionati”
Giulio ringraziò con un sorriso ed un cenno della testa senza smettere di prestare attenzione al proprio telefono, addentò il dolce e venne pervaso da una bontà e una morbidezza estrema, un aroma di sottobosco invase la sua bocca e si sentì trasportato in luoghi molto lontani dal puzzo e dal grigiore della città, sorpreso da tanta maestria si ripromise di tornare anche nei giorni seguenti, pagò ed uscì.
Le settimane trascorsero frenetiche ma tutto sommato serene e si era ormai nel pieno dell'autunno. Giulio aveva preso l'abitudine di recarsi quasi quotidianamente nel bar della signora straniera che aveva scoperto, parlando del più e del meno, chiamarsi Hilde ed arrivare da una sperduta isola delle coste norvegesi.
Chissà come Hilde era piombata nel mezzo di Milano con le sue leccornie ed il suo caffè caldo ed invitante, i capelli rossicci le cadevano in ciocche sul viso un po' stanco, doveva essere sulla quarantina, forse più, il taglio della divisa del locale evidenziava il suo essere un po' in carne, il sorriso era aperto e coinvolgente, andando da lei gli sembrava quasi di entrare in casa di una immaginaria zia di campagna. Si sentiva protetto, ecco.
Intanto il suo lavoro procedeva a gonfie vele e grazie a lui, ai suoi consigli ed alle sue dritte, anche quello di Helen decollava, e a Giulio mostrarsi in pubblico con una donna ormai considerata a tutti gli effetti top model piaceva molto e considerava questo come un suggello di bellezza sulla sua vita che considerava pienamente realizzata.
A volte pensava di essere un po' troppo legato all'esteriorità, alle cose materiali, ma era il pensiero di un attimo, non avrebbe potuto mai vivere in maniera diversa.
Un giorno che come molti altri era nel bar di Hilde per fare colazione si accorse che i dolci al banco erano diversi, meno buoni, meno invitanti del solito, chiese spiegazioni alla collaboratrice al bancone, che gli spiegò che Hilde era partita per qualche giorno, era dovuta tornare con urgenza alla sua isola in mezzo al mare, che avrebbe fatto ritorno a breve e che bisognava aver pazienza se senza il suo tocco per qualche tempo i dolci non avrebbero avuto lo stesso inebriante sapore.
Come promesso dopo circa due settimane Hilde ricomparve, riposata, placida e la sua pelle aveva preso, come invitata da un ricordo innestato nel proprio DNA, lo splendore della neve.
Salutò Giulio, scomparve nel retrobottega e tornò poco dopo; su un vassoio teneva una tazza di caffè e due inediti pasticcini, due rotolini di pasta dal colore ambrato.
Hilde gli spiegò che quelli erano dei pasticcini tipici norvegesi, che il loro nome era Skillingboller.
Giulio ne addentò uno forte della fiducia che riservava ad Hilde in tema dolciario e subito si sentì invadere da un aroma di cannella e da un calore piacevole, un'onda di serenità, un manto di sensualità. Mai aveva mangiato cosa più buona in tutta la sua vita, ringraziò Hilde quasi stordito e se andò al lavoro stupito e felice.
Nei giorni seguenti però quella felicità scemò velocemente e altrettanto inspiegabilmente, Giulio cominciò a sentirsi nervoso non appena arrivato al lavoro. L'unico posto dove trovava serenità era il bar di Hilde, ma non appena ne usciva una cappa di ombra cadeva su di lui e non sapeva darsene una spiegazione, anche uscire con Helen era diventato un obbligo e quasi un fastidio, pensò persino di essere malato, non si riconosceva più.
Una sera che si trovava in casa nervoso ed agitato, scontento di tutto decise di recarsi da Hilde in un orario del tutto inusuale, quando arrivò immediatamente il suo nervosismo sparì, ma ciò che trovò davvero terribile fu che si scoperse felice di trovarsela davanti, la vedeva bella? La desiderava?
Non era possibile. Non poteva essersi innamorato di quella donna in sovrappeso, insignificante e neanche giovane che oltretutto conosceva poco e male a parte i deliziosi dolci.
Non era mica un pensionato solitario, lui era Giulio Serperi, il top manager della Model Aura Agency.
Questo contraddiceva ogni sua precedente convinzione, sconvolgeva la sua vita, uscì di scatto, quasi correndo.
Purtroppo però nei giorni successivi le cose non migliorarono, anzi peggiorarono, nervosismo, insonnia e infelicità non gli davano tregua, alla fine si decise.
In un momento pensò che forse tutte quelle utopie dei romanzi rosa potessero essere vere, che capita nella vita di trovare l'amore vero che ribalta tutto, tutto ciò che si è pensato fino a quel momento e che non conta più l'aspetto, l'età, la posizione sociale, nulla.
Conta solo l'amore.
Si recò prima da Helen, le spiegò, lei si sentì ferita, offesa; riuscì ad uscire dal suo appartamento prima che gli arrivasse addosso il vaso di cristallo che gli tirò dietro.
Poi andò da Hilde.
Lei era nel retrobottega, con le mani in pasta, profumava di mirtilli e cannella, di neve e di qualcosa di indefinibile, quando lo vide entrare capì, lui la attirò verso di sé e la baciò incurante della farina sul suo completo Hermes.
Il giorno dopo Hilde pensò che dopotutto aver affrontato il viaggio fino in Norvegia a prendere la farina di bacche che la sua vecchissima nonna le aveva preparato era stata una buona idea. Si era invaghita di quell'uomo la prima volta che lo aveva visto entrare bagnato fradicio nel suo locale ma aveva anche capito che non avrebbe mai potuto averlo, troppo giovane, troppo bello, troppo ricco, troppo lontano dal suo mondo.
Avere una nonna esperta di erbe e arti magiche, di Rune e di incantesimi tornava utile ancora una volta.
Foto dell'opera a cura di Giulia Bacchetta