Finiamo il nostro pranzo con il tiramisu estivo, quello di mascarpone, savoiardi intrisi di succo d’albicocca e ricoperti di cacao zuccherato e guarnito infine di pesche sciroppate.
Fa caldo, ti ho promesso, infatti, un sorbetto limone e vodka, per digerire bene quanto ti ho preparato.
Abbiamo iniziato con il ricco tagliere di salumi, i tortini di taleggio ed asparagi adagiati su un letto di prosciutto cotto, proseguendo per la tagliata con la rucola ( a cui non faccio mancare le bacche di ginepro, che ti piacciono), irrorata d’olio al tartufo, arrivando ad un corposo e cremoso risotto allo spumante, mantecato con burro e formaggio ed un assaggio d’agnolottini del plin, ovvero “il pizzicotto”, tenera carne tra le tue fauci per il tuo smisurato desiderio di sapore, in tutto. Per secondo, carrello d’arrosti misti ed insalate delicate, di dragoncello e menta aromatizzate. Un Monferrato, tanto per cominciare, un Arneis per proseguire ed il tuo solito Brachetto per accompagnare il dessert. Peccato che tu, ora, ad occhi sbarrati, rifiuti la grappa profumata di mosto che ti porto alla bocca. T’appoggio il bicchiere alle labbra, le hai socchiuse, sorridendo t’adagio il cristallo sottile a sfiorare i denti e ti verso, amor mio, io, la grappa, il bicchiere della staffa, abbondante. Goccia a goccia, il mio amore, in un rivolo alcolico di conclusione perfetta.
Riconciliarsi a tavola, è bello.
E’ piacere nel piacere.
Ad ogni bella mangiata, che sia crassa libagione o veloce spuntino da fast food, il tuo sguardo s’è sempre fatto velato e mi hai sempre presa per un braccio o per la vita e mi hai proposto di fare all’amore, spesso senza preliminari, che erano per te già compresi lungo il rito dell’abbuffata, tra ammiccamenti e degustazioni.
Non c’è gusto a cui non s’aggiunga gusto, perché sia sempre concreto e pieno, per te.
Mordersi, succhiarsi, saziarsi dopo aver morso, succhiato ed essersi saziati. Cibo e noi. Cibo e corpo. Che sia pranzo o sesso, sempre nutrire il corpo è. Non sia mai che tu non sia soddisfatto.
A partire dal cappuccino di metà mattinata, quello che ti serve l’impiegata, caldo e con la schiuma. La solita precaria, che di tre mesi in tre mesi spera di sedere su quella poltroncina rossa in pianta stabile, passando dalle tue ginocchia, tappa obbligata per una scrivania comoda per dei gomiti che necessitano di sicurezza.
L’impiegata si rivela solerte. Ti chiede come lo vuoi, se lo ami zuccherato o no, te lo porge ancheggiando…
Ognuna a modo suo, più impiegate si sono avvicendate alla macchina del caffè.
Ce ne sono state di castane, brune e bionde. Più frequentemente bionde, appagano di più la vista al primo impatto.
Una rossa l’anno, non te la sei fatta mancare tuttavia, mai. La rossa arreda. Scivola con eleganza tra gli scaffali grigi, metallici. Cammina sulla moquette, sempre grigia, con un bell’impatto cromatico d’insieme. Da dietro, puoi notare la sua testa fulva che fissa il monitor del suo computer, soltanto tenendo socchiusa la porta del tuo ufficio. Ti puoi alzare, puntando la chioma color ruggine, arrivando felpato, dietro.
Chissà quali altre prospettive focate, ti offre, poi. Dall’alto in basso, la morbida fiamma tra le tue mani. Da dietro, l’ondeggiare rosso e ritmico sulle sue spalle. Sul cuscino, infine…l’onda rossa come una macchia di sangue su lenzuola candide.
Sì, una l’anno, ci vuole, è il peperoncino sui tuoi maccheroni.
Quante ce ne sono state?
In questi ultimi cinque anni, esattamente cinque. Tutte notevoli.
Elena: minuta. Indossava stivali in cui le magre gambe parevano nuotare. Abiti striminziti le cadevano perfetti come sorretti dal nulla. Vaga. Eterea.
Egle: corpulenta. Naturale. Grosse tette lattiginose sformavano maglioni verdi o azzurri. Sensuale. Carnale.
Gloria: mora, tinta. Il rosso fuoco dei capelli faceva a pugni con la carnagione olivastra, che spiccava in quegli abiti verdi o gialli di un’estate che sembrava esploderle addosso. Colorita e colorata. Vistosa.
Martina: riccia, vaporosa, esagerata. Una nuvola di capelli e di tulle. Perennemente primaverile. Gonne di seta fiorate anche d’inverno. Inserti di velo trasparenti nelle maglie di cachemire. Merlettaia. Fiabesca.
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata Lei: Jane, di madre irlandese. Spruzzata di lentiggini, occhi nocciola da cane da caccia, docile e nel contempo decisa, all’occorrenza anche furiosa. Atta ad essere aizzata contro clienti indecisi, commercialisti contorti, avvocati d’assalto, creditori pedanti, questuanti melliflui. Jane l’imperturbabile signorina in shetland color corda.
Fu il giorno in cui venni a trovarti in ufficio per dirti che aspettavo un bambino. Sì. Ignorai la segretaria che mi sbarrava il passo, prorompendo in ufficio senza darti il tempo di ricomporti appena un po’. Non fu una bella scena. Jane aveva il rossetto sbavato sul viso e me ne resta un’immagine clownesca.
Posso spiegarti tutto. Se non l’hai capito già. Vedi cara…
L’hai sempre saputo fare. Tu spieghi al giardiniere come si potano le rose, all’imbianchino come ruotare il rullo, all’ortolano come scegliere i meloni maturi. Non sai spiegare la più banale lezione di matematica a Vittorio, però. L’ho sempre dovuto fare io, pure essendo da te stata definita “mirabile vuoto logico semovente”. Per questo motivo, mi dici, m’hai sposata. Non ragiono, dici. M’adeguo e, per questo, sono gradevole. Non ti passa per la testa che abbia sempre finto di adeguarmi, facendo buon viso ad un gioco più che cattivo… bastardo. Assertiva per amore dell’amore, in attesa del cambiamento inevitabile: ti saresti reso conto, presto o tardi, che io sono l’unica.
La grappa ti scivola un po’ dalla bocca morente semiaperta, in rivoli matti, te ne ho offerta troppa. LEI, NON TI AVRA'.
Sabrina (mercoledì, 31 agosto 2011 21:12)
BRRRRRRRRRRRRRRRRrrr ... ava!
MI PIACE
Lucia (lunedì, 22 agosto 2011 18:19)
Mi piace tanto,brava Rossana
Giuliana (giovedì, 04 agosto 2011 14:00)
mi piace
Gretel Fehr (domenica, 31 luglio 2011 21:19)
Sì sì, mi piace.
Vittorio (venerdì, 22 luglio 2011 12:58)
Decisamente assertiva. Mi piace (la grappa meno)