Spiacenti ma l'utente da voi chiamato è inesistente di Vittorio Rioda

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Appena entrato nella hall mi ero accorto dell’atmosfera particolare che permeava quel luogo. Oltrepassata la porta d’ingresso, richiusi i pesanti battenti dorati, i suoni che giungevano dalla strada venivano totalmente annullati. Se l’effetto acustico si fosse limitato a questo non vi avrei dato eccessivo peso. Stranamente però il caratteristico silenzio di quel luogo sembrava essere il frutto di un accurato studio piuttosto che il prodotto del caso. Camminando dall’ingresso verso l’accettazione i miei passi non producevano alcun rumore. Una spessa moquette rosso bruno attutiva completamente l’impatto dei tacchi delle mie scarpe dalla suola di cuoio. Mi fermai di fronte al banco della reception e, così per fare una prova, lasciai cadere a terra la mia pesante valigia di plastica nera. Niente. Nemmeno il più debole effetto acustico era stato provocato dall’impatto. L’addetto all’ingresso mi rivolse la parola. La sua voce risuonava stranamente, in quell’atmosfera densa. Quei suoni possedevano qualche cosa di incongruo. All’inizio quella che giungeva alle mie orecchie non sembrava nemmeno una voce umana. Soltanto concentrandomi attentamente mi resi conto che quelle pronunciate erano parole e che queste parole messe le une accanto alle altre costituivano una frase dotata di senso compiuto. – …ha una prenotazione…?-. Riuscii a decodificare solo questo. Risposi con un certo ritardo – No, purtroppo, ma avrei bisogno di una camera singola, solo per questa notte-. Anche la mia voce possedeva un timbro insolito. Stentavo a riconoscerla. –Si …ecco, può occupare la stanza 500. Ora le chiamo il garzone. Prodotto un breve suono cristallino con una campanella disposta sul bancone, subito si materializzò la persona che mi avrebbe accompagnato alla stanza. Entrambi gli uomini vestivano un elegante livrea grigia di foggia un po’ antiquata. Dopo essere saliti in ascensore, silenziosissima, inutile dirlo, il mio accompagnatore mi rivolse la parola. – E’ molto fortunato, la stanza 500 è ottima, inoltre al quinto piano oggi non è occupata alcuna stanza. Potrà dormire tranquillo-. Onestamente non mi sembrava che ci fosse motivo di preoccuparsi del rumore, in quel posto.

 

Non sapendo cosa dire, mentre salivamo lentamente, guardai l’orologio da polso. Stranamente si era bloccato. Allora chiesi al ragazzo che ore fossero ma la sua risposta mi lasciò abbastanza sconcertato – Mah non né ho idea, qui il tempo si è fermato-. Non dissi più nulla fino a che non arrivammo alla mia stanza. Posando delicatamente la valigia il mio accompagnatore mi disse: - per la cena può scendere quando vuole. Troverà sempre tutto quello di cui ha bisogno-. Così ci congedammo. Dopo poco scesi. Avevo una gran fame e quindi entrai subito nella stanza ristorante. Un piccolo complesso stava suonando musica rinascimentale. La sala era quasi del tutto piena ma non vi era quel solito brusio prodotto dai locali affollati. Tutti i presenti vestivano con abiti eleganti anche se fuori moda. In realtà fuori da diverse mode. Mi dissi senza dare troppo peso alla cosa che probabilmente c’era una sorta di festa in costume o di congresso dell’”associazione degli indossatori del passato”. Il capo sala mi accompagnò ad un tavolo vicino ai suonatori. Quasi alla fine di una cena raffinata, mentre stavo assaporando un liquore aromatico proposto dal cameriere, mi si avvicinò una signora vestita con abiti stile anni trenta. –Senta, - mi disse, - è la prima volta che viene qui, se non sbaglio?-. Poi cominciammo a parlare di vari argomenti come se ci conoscessimo da sempre. In realtà mi pareva che non fossero le parole a farci comunicare ma una implicita comprensione reciproca. L’atmosfera era permeata di una lieve malinconia come una madeleine mai vissuta.

 

Spontaneamente e senza che vi fosse stato alcun discorso ci trovammo con naturalezza a salire al quinto piano ed entrare nella mia stanza.

 

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi accorsi subito che lei non c’era più. Mi alzai e, per scrupolo diedi un occhiata in bagno, sotto il letto e dentro l’armadio a muro, ma avevo la certezza che fosse sparita. Mi vestii in fretta e scesi nella hall. L’atmosfera del giorno prima si era completamente dissolta. Il personale, rumorosamente affaccendato, correva avanti ed indietro. Chiesi informazioni all’usciere ma mi disse che lui faceva sempre il turno di giorno e, della sera, non sapeva un bel niente. Allora uscii in strada facendo un largo giro dell’isolato con l’intenzione di schiarirmi le idee. Con mia sorpresa tornando da dove mi sembrava di essere partito non trovai più l’ingresso dell’edificio. Quando mi capita di fermarmi in quella città torno sempre in quel luogo, in momenti diversi della giornata. In particolare verso sera, all’ora in cui ero andato lì la prima volta. Ma di quell’albergo non ho trovato più traccia. Quella volta ero rimasto in strada senza la mia valigia e con solo il biglietto dell’hotel e i miei vestiti. Ho provato varie volte a comporre il numero ma il messaggio che sento provenire dall’altro capo del “filo” è sempre il medesimo: - Spiacenti ma l’utente da voi chiamato è inesistente-. Credo di essere incappato in una metafora spaziotemporale. O forse in un paradosso della fisica. Sta di fatto che l’utente è inesistente.


Commenti: 4 (Discussione conclusa)
  • #4

    Anna Molinari (lunedì, 26 settembre 2011 15:33)

    Bel racconto... mi piace...

  • #3

    Allegra (giovedì, 15 settembre 2011 15:27)

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  • #2

    daniela (mercoledì, 03 agosto 2011 20:48)

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  • #1

    Monica (mercoledì, 27 luglio 2011 18:08)

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