Fame di Raffaella Bossi

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Non mangiavo praticamente mai, infatti ero magra come un acciuga, di quelle sfilettate e salate che si fondono con la mozzarella e il pomodoro della pizza. Vivevo di adrenalina, solo di tanto in tanto il mio corpo richiedeva cibo. Ad essere onesti non lo chiedeva gentilmente. Mi trasformava in una belva famelica con una fame atavica. Un chiodo fisso che mi impediva perfino di pensare ad altro che non fosse il cibo. Non vedevo in technicolor, vedevo in costate e patate. Non è piacevole, soprattutto con il mestiere che faccio.

Mi infilai gli occhiali da tiro, scarrelai la mia Beretta P4 e sorrisi al mio compagno.

<Pronta strega?>.

<Si sbirro andiamo>.

Entrammo nel campo di tiro dinamico fischiettando. Eravamo una squadra affiatata e per noi quello era puro divertimento. Quel giorno il motivo scelto era Witchcraft, Frank Sinatra, nè troppo veloce nè troppo lento, il ritmo giusto per sparare 20 colpi al minuto e mandarli tutti a segno.

<Sai che mangerei una milanese con rucola e pomodorini?> Al solo pensiero i succhi gastrici ulularono nel mio stomaco.

<Ti prego non adesso!> Mi lanció un'occhiata rassegnata e si concentró sul mirino, nel tentativo di ignorarmi e farmi desistere.

Le sagome incominciarono ad uscire dai loro nascondigli. La bravura non stava nel colpirli, piuttosto nel distinguere i buoni da cattivi in quei fantocci di cartone.

<25> cinguettai e, mentre scaricavamo e ricaricavamo subito e all'unisono, esclamai: <Pizzoccheri! Con tantissima fontina, un pó di casera e di bitto>. L'odore della cordite stimolava il mio appetito piú del pane appena sfornato, ancora tiepido e con la crosta cosí croccante che si fanno sempre delle gran briciole, a prova del nostro peccato di gola.

Come una coreografia ben studiata seguivamo passi e mosse provati centinaia di volte, io coprivo e lui avanzava, io avanzavo e lui copriva. Precisi, puliti, senza sbavature, come quelle crostate di frutta, con i mirtilli e le fragoline in mezzo, circondate a fasce concentriche da kiwi, acini d'uva, spicchi di mandarini, mele ed, infine, a cingere tutto in un abbraccio burroso, la pastafrolla che ti si scioglie in bocca.

<Giù strega, compagnia a destra. Fa caldo per i pizzoccheri, una pasta con il pomodoro fresco, non sarebbe meglio?>.

<Non hai detto per favore>, risposi abbassandomi sulle ginocchia e facendo fuoco in contemporanea. <Con della ricotta stagionata di bufala gratuggiata sopra?> chiesi pregustando la consistenza della pasta, la freschezza del pomodoro, l'aroma del basilico e il sapore della ricotta.

<Scusa tesoro>. Due uomini si abbatterono al suolo, uno colpito in fronte, l'altro al torace. <Spaghetti!>.

<Attento sbirro, guardati a sinistra>. Mi girai per un attimo ad incrociare il suo sguardo. <Non se ne parla, maccheroni rigati!>.

<...dance into the night...>. Sei colpi in rapida successione e tre sagome a pezzi. <Strega, gli spaghetti, rigorosamente n.5, sono la pasta!>.

<25> e di nuovo i caricatori furono sostituiti. <Va bene, va bene, spaghetti e di secondo? Costata? Fiorentina al sangue e patate arrosto?>

Io pregustavo il sapore della carne cotta alla brace, quando il grasso che contiene si è sciolto, colando e sfrigolando sui carboni. Lui alzó un sopracciglio in modo preoccupante e diede una rapida occhiata all'orologio, il motivetto era quasi alla fine, ancora un paio di scontri e saremmo stati fuori. Ci nascondemmo dietro dei bidoni riempiti di cemento, sopra di noi volavano le pallottole, faceva parte del gioco, qualcuno prendeva sempre la parte dei fantocci e cercava di farci la pelle. Più che altro colorarci i vestiti, niente piombo nelle pallottole, solo colore.

<Sai che sei un essere umano e non una tigre? D'accordo che mangi ogni tre o quattro giorni, ma un'insalata o qualsiasi altro tipo di verdura non lo prendi mai in considerazione?>.

Ci pensai un attimo, veramente pensai ad una tavola imbandita con ogni ben di Dio, un piacere per gli occhi e per i sensi. Rosso, bianco, verde, giallo e arancione che si trasformavano in fragole, panna, lattughe e albicocche. E poi tutte le sfumature dei frutti estivi, in tutti i colori con cui li vedono le donne, ma non gli uomini. Nessuno di loro sa esattamente che cosa è il color pesca, ma noi sí, ci facciamo persino i vestiti di quel colore. E tutti quei colori, quelle infinite sfumature e varianti le sentivo sulle papille gustative, il dolce, l'aspro, l'amarognolo e poi ancora la consistenza: croccante, morbido, succoso, e i miei sensi gioivano di un tripudio di sapori.

<Questa sera cucino io>. Piombai nella realtà, come un'aragosta nel suo bagno definitivo.

Ci alzammo in contemporanea e gli ultimi terroristi passarono dalla categoria dei ricercati a quella del cartone da macero.

<Hai intenzione di ridurre la cucina un campo di battaglia?> Sapeva cucinare, senza ombra di dubbio, ma sapeva sporcare ancor meglio.

<Cosa intendi dire strega?>. Intanto uscivamo dal campo e consegnavamo al comissario giudice tutti i caricatori usati.

<Che per cucinare un piatto di spaghetti sei in grado di usare tre pentole>. Schizzi di pomodoro sulla cucina, come sangue di pomodori sacrificati per il bene della regina della tavola; pentole abbandonate al loro destino come vittime sacrificali di un sadico chef; un velo di ricotta gratuggiata a coprire tutto, pietosamente, come neve sulla morta campagna d'inverno.

<Però gli spaghetti sono buoni>. Lo disse con un tono a metà tra l'offeso e il mortificato, il giudice sorrise e annotó qualcosa sul suo registro, leggendo la scheda compilata dai commissari di tiro in campo, quelli che contavano i morti, per intenderci.

<Certo amore, sono i migliori del mondo!>. Era un grande uomo e la sua permalosità non era da meno. Ci sorridemmo come due imbecilli e il giudice ne approfittò.

<Bene piccioncini, 50 colpi entrambi, 50 sagome abbattute e nessun civile colpito>, si grattó una tempia con aria pensierosa e poi disse, piú rivolto a se stesso che a noi: <Ma come si fa pensare alla cena mentre si spara?>

Ragionai per un attimo, ma non riuscii a vedere che un piatto di gnocchi al ragú, soffici e compatti, con quel ragú che aveva bisogno di almeno due ore di cottura prima di raggiungere quell'esplosione di sapori, inscindibili uno dall'altro eppure cosí assolutamente unici.

<Fame, fame vera>, risposi al giudice. Allo sbirro invece dissi: < Chiamo Patrizia e mi faccio invitare, devo assolutamente mangiare i suoi gnocchi>.

<Ti amo> rispose lui.

<Ok. Chissà cosa cucinerà di secondo?>.


Commenti: 13 (Discussione conclusa)
  • #13

    Sabrina minetti (venerdì, 30 settembre 2011 15:44)

    Mi piace!

  • #12

    anna molinari (domenica, 25 settembre 2011 16:55)

    Brava, molto originale. Da rileggere dal punto di vista grammaticale, per qualche errorino...

  • #11

    Zia Lety (venerdì, 23 settembre 2011 09:30)

    Gradevole e simpatico..... complimenti!

  • #10

    ileana (domenica, 18 settembre 2011 19:10)

    Brava Louise, hai domato anche la fame :)

  • #9

    setteottozero (giovedì, 15 settembre 2011 19:33)

    MI PIACE

  • #8

    Silvia (GG) (giovedì, 15 settembre 2011 15:26)

    MI PIACE!!!

  • #7

    VALERIA (domenica, 11 settembre 2011 22:30)

    MI PIACE

  • #6

    nicoletta romano (domenica, 11 settembre 2011 16:09)

    mi piace, slurp slurp!!!

  • #5

    Bruno Moretti Turri (sabato, 10 settembre 2011 22:50)

    MI PIACE

  • #4

    ambretta (sabato, 10 settembre 2011 10:31)

    Brava Raffaella, mi piace molto!

  • #3

    Lilli (sabato, 10 settembre 2011 08:24)

    E brava Raffaella. Mi piace

  • #2

    Patrizia (venerdì, 09 settembre 2011 12:19)

    Raffaella ha una scrittura frenetica e visiva che incanta. MI PIACE.

  • #1

    davide rovera (venerdì, 09 settembre 2011 11:55)

    mi piace


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